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NEWS - 17.06.2006

Ancora sul Burkina Faso, alcune impressioni di Arianna...


Burkina Faso: La terra degli uomini liberi

Libertà, non ho mai saputo cosa significasse fino a che non ho raggiunto quel Continente così lontano, ma così presente nei miei pensieri: l'Africa.
Il 19 aprile sono partita per un viaggio che mi ha portato alla consapevolezza della bellezza della vita, del valore di certi piccoli gesti e di quanto possa essere facile sorridere.
Quando si arriva laggiù, nell'Africa Nera si ha come l'impressione che quel luogo sia stato dimenticato da Dio e dagli uomini, basti solo pensare a quante persone non abbiano neanche la più pallida idea di dove si trovi.
Il Burkina Faso è un piccolo stato sull'Equatore, non ha sbocchi sul mare e le condizioni atmosferiche rendono tutto molto difficile. La vita là non è semplice: la popolazione deve scontrarsi ogni giorno con il problema della carenza di cibo. Una ragazza di sedici anni nell'Agosto 2005 è morta di fame a causa del periodo di carestia dovuto al mancato raccolto. Un altro grave problema è dato dalla scarsezza d'acqua, non ci sono pozzi sufficienti in grado di irrigare e dissetare tutta la popolazione. La gente nei villaggi è costretta a percorrere chilometri per raggiungere quel bene così prezioso. Tutto ciò provoca la diffusione e la trasmissione di malattie che spesso non vengono curate perchè non ci sono i mezzi per farlo. Una semplice influenza, può portare quindi al decesso di un Essere Umano. In Burkina Faso tutto assume un valore diverso, sarebbe meglio dire che ogni cosa, là, ha valore. Le abitazioni vengono costruite utilizzando la pellicola esterna di una specie di fagiolo, chiamato Neere, con la quale si va a formare il pavimento della futura casa, per i muri invece viene usata la buccia, ed il contenuto serve a sfamare bocche affamate. Un semplice fagiolo dà quindi la possibilità di vivere a milioni di Burkinabè, in Italia un fagiolo spesse volte rimane sul piatto perchè non si ha più fame.
Arrivati là sembra di fare un salto nel tempo tornando indietro di secoli. Sono stata ospite del Centro Socio-sanitario Oasis a Koudougou, cittadina a 150 km dalla capitale e questo mi ha dato la possibilità di portare il mio aiuto all'interno della scuola del centro. Per due settimane ho aiutato i professori nell'ardua impresa di educare i bambini. Inizialmente il mio intento era quello di cercare di alfabetizzarli, una volta là, mi sono accorta però, che c'erano insegnamenti molto più importanti da trasmettere, come quello ad esempio, dell'igiene. Ho dovuto spiegare che se l'acqua viene utilizzata con lo scopo di lavarsi non è uno spreco, ho cercato di far passare l'importanza della pulizia e dell'ordine fisico, mi hanno dato in mano un frustino per far rispettare il silenzio, ma non sono riuscita ad usarlo. Quello che mi ha colpito di più è stato il rispetto e la voglia di conoscere di queste creature, nei loro occhi si può vedere tutto e, se si vuole, capire tutto. La cosa più straziante, invece, è stato correggere i loro temi, dai quali esce un grido sottile di un profondo dolore non compreso, che fa sentire l'impotenza dell'uomo nei confronti di questa crudele realtà, la stessa nella quale loro devono vivere ogni giorno.
Invece di insegnare, ho imparato, il loro sorriso disarmante contornato da spazi sconfinati e cieli immensi, mi ha fatto capire che anche se in fondo al cuore fa male, si deve continuare a credere che un giorno ci si potrà coricare sulla stella più luminosa, lasciandosi finalmente cullare dal vento.